Una parola strana, vecchia e inopportuna, ma "OH"! è bella!
Contrariamente a quel che si potrebbe credere, la parola Zavàj non si riferisce ai gioielli, ma al materiale con cui vengono prodotti.
"Zavàj" è una parola dialettale che nel bolognese indica quegli oggetti ormai divenuti inutili, che non hanno più alcun valore.
"Il Zavaglio era un funzionario che procedeva all'inventario e alla valorizzazione di beni in caso di vendita o spartizione di una eredità. Veniva inventariato tutto anche oggetti rotti o di valore minimo. Questi oggetti per tradizione popolare vennero soprannominati zavagli ("zavaj"). Perciò zavaglio, nella tradizione popolare bolognese indica un oggetto rotto o brutto o inutilizzabile o che non può essere, economicamente, riparato." prof. Giorgio Grassi da Bologna, Fonte: Brutta Storia, Manuale di lingua e mitologia urbana
Ogni gioiello parte proprio da qui, dagli "zavàj", da una materia prima di riuso: le rimanenze di altre lavorazioni, materiali ancora belli ma che non possono più essere utilizzati per produrre oggetti più grandi.
Plexiglass, legno, plastica, tessuti: tutto ciò che avanza e che sembra arrivato a fine corsa rinasce grazie a un progetto che amo chiamare di "scartigianato" ma che oggi va di moda chiamare UpCycling.

Come funziona lo scartigianato
Lo "scartigiano" cerca gli Zavàj nei laboratori degli amici, li guarda, li riprogetta e li mette insieme per trasformarli in qualcosa di nuovo. Lo fa attraverso mille (molti meno) passaggi che vi racconto nella storia della vita di uno scartigiano,
Zavaj è un progetto di ricerca e sperimentazione creativa che valorizza gli scarti di produzione in una dinamica di economia circolare creando pezzi unici e nuove opportunità.

"Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare lo scartigiano ci vuole un logo"
Ormai ho scelto il nome del marchio, nella consapevolezza che comunicativamente è inopportuno usare un termine dispregiativo per cose che dovrebbero essere belle, simpatiche e di design. Ma mi piace troppo e decido sconsideratamente di non curarmi delle logiche del mercato, una mossa folle, testarda e un po' anarchica che mi fa sentire il profumo di grandi imprese rivoluzionarie.
Ora però bisogna dargli anche una forma.... e rispolvero la mia passione per la grafica...

La scritta sarà fatta come gli zavàj: le lettere saranno come stecche di materiale messe insieme per creare una forma nuova, sono lettere spigolose, lineette, accenti, forme semplici, pezzi assemblati.
Poi c'è un puntino nella seconda A: è un pezzetto tondo e di un altro colore, perché gli scarti sono così: devi fare con quello che trovi!
Lo voglio colorato perché sia mai che mi ritrovo con un logo bianco-nero... devo scegliere un colore.... lo voglio magenta!
Il magenta è un colore “extra-spettrale" (uuuu...che paura!) con una storia interessantissima: sapevate che è il colore della creatività e della trasformazione? Poi mi piace l'idea che sia un rosa, perché nella mia testa (consapevolmente condizionata da millenni di storia) è un colore che mi sa di femminilità, e mi piace usare quel puntino per dire a tutti che -anche se ogni tanto le mie collane hanno delle forme un po' rigide- chi le fa è una donna!

Una pura casualità che mi fa troppo felice
E per concludere, vi porto qualche passo indietro: a proposito di quel nome assurdo e "spregevole" che ho scelto per le mie creazioni.
Per non essere completamente sconsiderata, prima di registrare il marchio, per curiosità ho verificato che in altre lingue non sia una parolaccia: lo ho scritto in GoogleTranslate, ho messo la rilevazione della lingua e un'onnisciente intelligenza artificiale mi ha suggerito lo slovacco....

"...OH", quant'è bello!
E allora: Zavàj sia.
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